Masseria San Cosimo

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aie antiche in masseria

Le Aie Antiche – Il loro uso

L’aia Simmetrica di Masseria San Cosimo

Storia delle Aie

Le Aie, oggi prevalentemente diroccate, dismesse, abbandonate e in disuso, queste architetture del lavoro agricolo dei nostri avi, restano lì immobili sotto il sole; memorie di antichi mestieri ormai quasi dimenticati. 

Ruderi che oggi, più di prima, necessitano di essere maggiormente riconsiderati al fine di poterci riappropriare di una identità culturale contadina, genuina che ha resistito nei secoli e merita una attenzione comunitaria.


In tutte le campagne del Salento, immerse fra maestosi alberi d’ulivo, accanto ad ogni campo di grano, fra muretti a secco, una Masseria, nu Furnu, qualche Furneddhru e una Stalla, non potevano mancare le Aie. Assolate e incastonate in uno scrigno bucolico. L’Aia (anche detta “Aira” in dialetto), serviva per la trebbiatura (la battitura del grano e del frumento) durante il cocente mese di giugno, per ricavarne pane, pasta e altri derivati.

L’AIA era composta da lastre di pietra rocciosa, dette “chianche” sulle quali si disponevano i fasci di spighe; in genere le Aie avevano una forma circolare, anche se si trovano a forma quadrata o ottagonale. Venivano scelti luoghi in alto per la locazione delle AIE, perchè i suoli rialzati erano meglio esposti al vento. Sovente avevano vicino anche degli ornamenti propizi incisi in  sculture . Dopo la trebbiatura, la messe di grano si esponeva sull’AIA e la si sollevava in alto con grandi forconi, cosicché la corrente del vento, portando lontano la leggera paglia e la pula, lasciasse cadere il grano più pesante. Capita di incontrare delle Aie accanto ai “Carrai” o presso antiche strade per i traffici commerciali verso le altre masserie o verso il mare. La mietitura del grano era un lavoro duro che coinvolgeva intere famiglie di contadini ;  quando fra cani che abbaiavano, voci umili e canti di lavoro contadino, le donne in particolare si recavano a “spigolare” per raccogliere le spighe di grano. In compenso però con quel loro sudato mestiere estivo, tutte le famiglie di agricoltori potevano sfamarsi nei mesi invernali grazie alla  buona farina che veniva prodotta. Già; mietitura, trebbiatura e conserva del grano per il pane.

Quanto lavoro facevano i nostri avi nelle AIE.

Le fasi della mietitura

Con le spighe si facevano delle corde: le “crucicchie“, con esse si legavano le fascine (dette “sciermete“), e l’insieme degli sciermiti formava il covone “lu mannucciu”. Il contadino si posizionava al centro all’interno dell’Aia e “Pisava”, tenendo per le redini muli, asini o cavalli, ossia faceva muovere gli animali in circolo (li si faceva “stumpisciare” per alcune ore – sotto il sole) in modo tale che il calpestìo degli zoccoli sulle spighe schiacciasse i cereali, facendone uscire i chicchi di grano, fave, lenticchie … Una volta che le spighe si riducevano a scaglie, si faceva il “carisciulo” quindi si aspettava l’azione del vento per separare la pula dal chicco, la paglia dai cereali. Al termine della mietitura restava la “ristuccia.

Terminata la battitura si scarta la parte grossolana. In aia rimangono il prodotto e qualche baccello non ancora aperto dalla battitura (scaglie). Al centro dell’aia viene realizzato il “curisciùlu” (dal dialetto “curìscia”, cintura). Il posizionamento del “curisciùlu” nell’aia varia in funzione della direzione e dell’intensità del vento. Condizione essenziale è che la sua lunghezza sia sempre e comunque perpendicolare alla direzione del vento. Può invece variare l’ubicazione del “curisciùlu” nell’aia, che può essere più o meno centrale in base all’intensità della ventilazione.
Tradizione vuole che il curisciùlu non va mai scavalcato da un lato all’altro. E’ una questione di rispetto per il raccolto. U ientulare (ventilare) è l’operazione più affascinante di tutto il processo di raccolta e consiste nella ulteriore separazione del prodotto dalle scaglie sfruttando l’azione del vento. Gli strumenti utilizzati in questa fase sono: la “furca” (un bastone in legno d’ulivo biforcato all’apice), la “tradenta in legno” (un forcone a tre denti in legno leggero, generalmente di arancio) e la “pala” (in legno leggero). I protagonisti della ventilazione: l’uomo, gli attrezzi da lavoro, lo scarto, il prodotto e il vento.

Una volta recuperato il prezioso frutto del grano, questo veniva trasportato nelle vicine Masserie nelle apposite “Vasche” di raccolta sia di grano che di frumento.

Nel centro dell’AIA talvolta veniva posto fosso dove accumulare il grano dopo la trebbiatura.

Ricerche a cura del Dott. Greco Giovanni

Il recupero dell’Aia simmetrica di Masseria San Cosimo

Il legame con la tradizione e il voler tramandare l’antica cultura, ci ha portato a recuperare l’Aia presente in Masseria San Cosimo, non solo, la sfruttiamo come in antichità.

Da anni coltiviamo il grano senatore cappelli, e dopo la trebbiatura l’Aia diventa uno specchio dorato, il grano essicca naturalmente al sole cocente , e sfruttando le condizioni del vento, otteniamo una pulitura naturale di ogni chicco prezioso. Questo processo conferisce al grano una consistenza corretta ed un grado di umidità pressochè inesistente. Ci costa lavoro, ma la farina è il giusto compenso per la produzione del pane e di tutti i suoi derivati durante tutto l’inverno ci delizia.

Le Aie sono molto grandi, occupano una metratura di circa 150 metri quadrati, per questo pensiamo, dato che la Masseria San Cosimo è attraversata dalla strada Traiana , fosse una tappa di molti contadini della zona. Un crocevia di lavoratori che in costante movimento, trasportavano il carico prezioso. La Prosperità e il benessere dipendeva dai prodotti primari della terra e la loro conservazione era il fulcro attorno al quale le vite contadine donavano sacrifici ed amore.

Articolo Redatto da Stefanelli Danilo

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